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Deposito dei Ricordi

 

Ida                                                                                15/02/2011

La Ida è in un letto d’ospedale…..

Alleviato il dolore e allontanate a fatica le apprensioni nell’auscultarsi……., in un corpo così cambiato,

sono sicuro!…

 ritornerà sulla sua collina, nella casa abbandonata…..sui suoi prati.

  Ritornerà a sentire i rumori del bosco…….e,  più vicino a casa, a due passi dalla strada, riascolterà

i  famigliari lavori nel portico, nella cura degli attrezzi….la battitura della falce, la cerchiatura delle botti, l’affilatura della  “due buoi” o,  la  più comune “ausonia” o la messura.

il fruscio dello strame, gli zoccoli  sul serisc e gli strattoni alla catena  ritorneranno alla mente, come

le normali imprecazioni dei fratelli…

e l’indovinare dal numero di colpi di campana  se uomo o donna… .ci ha preceduti……...

L’eco dell’acqua nella cisterna ormai invasa da Frassini e Sambuchi, prenderà il posto dei rumori del gocciolare dell’ampolla della flebo e delle voci  tristi, o di sfogo, o di disperazione delle camere vicine…e dei corridoi del luogo di cura……..e si farà…più casa.

E, l’odore di terra bagnata, e del maggengo in cascina,  renderà più sopportabile  quello diventato ormai abituale dei medicamenti……..

Che annebbiano un po’, …ma stemperano le incertezze di domani, dei presagi e delle paure

 

stanno tagliando i tuoi  ultimi abeti…..

li hanno visti già grandi quelli del posto….erano già lì, forse, testimoni dei lavori alla linea Cadorna

tu bambina,…allora

Ti ho vista passare  tempo fa…volevi forse fissare, ancora una volta i tuoi posti……ricordare le gioie e le fatiche  qui su,  tra le case ormai chiuse…….. o inevitabilmente morte nelle  trasformazioni  del nostro abitare……. e vivere

 

 31/07/2010

Luglio 31 2010

Pian di Vedoia:un nome, conosciuto, ora, nei bollettini nazionali sul traffico. Longarone, famoso per la mostra del gelato, negli anni 60 e, anche adesso, col suo polo fieristico.......le sue fabbriche, il birrificio di Roggia la fabbrica della Faesite, ...la cartiera ...
La strada ,veloce, va verso Cortina. ......A destra, un lungo ponte, attraversa il Piave, ora non più navigabile, ma un tempo, unica via di trasporto alla volta di Venezia, all'Arsenale per i traffici militari e, alla Giudecca, per quelli civili. Hai già notato,guardando la montagna,la stretta valle del Vajont, chiusa lassù, in alto ,da un.....muro. La strada, dopo il ponte, svolta a sinistra, e, con ampi tornanti, raggiunge S.Antoni e le sue gallerie, con aperture che lasciano itravvedere, in basso, la forra del torrente. In una nicchia della strada ,foto, altarini, fiori, inducono..tristezza alla già tormentata strada. Finalmente .....la diga,.....la moderna brutta chiesetta.......e poi.....

Ti volti........., una porta sembra si sia chiusa alle tue spalle; giù in basso,nascosta alla vista,la pianura.....tutto...pare lontano, lontano.....

Il lago

Il lago, stupendo,...davanti a te,
Sulla destra i pascoli alti del Toc, ........danno all'acqua un verde incantato ,misterioso; contadini intenti allo sfalcio, salutano...Imbronciati....
A sinistra ,sotto la parete di Fimoliesa, i resti del cantiere, le case degli operai , ora rimesse a nuovo:
Il ristorante, le case dei vecchi dirigenti, ....................quà e là casette di vacanza,.....il famoso Belvedere, con vista sull'altrettanto famosa......Diga.

La palestra di roccia, anche lei, diventata ormai punto d'incontro di rocciatori d'ogni luogo, .......è un gioco di colori; Nei giorni di festa, la strada, sembra.....un formicaio;Il coronamento della diga un'attrazione; Da ”esperti” del luogo, puoi avere notizie, emozioni, libri......
Appena li sopra, il “paese delle casine” Casso con tetti di pietra,..... più impervio.... sovrastato dal monte Salta ; Le mucche,da questo versante del lago, vengono condotte nelle malghe del Toc, dove i prati sono migliori, i pascoli più agevoli, ampi ;

Un lago stupendo,...... fin sù a S.Martino, ........oltre Erto , dove inizia la Val Zemola . Hanno riaperto anche la vecchia cava di marmo, per abbellire ancora le ricche case d'oltre oceano. Come un tempo......Sono nati tanti piccoli agriturismo, dei campeggi; tante casere, sono state trasformate in rifugi alpini; Qualche vecchio emigrante è ritornato dalla Germania dove, tanti, lavoravano nelle gelaterìe.

Le donne non partono più a vendere gli attrezzi fabbricati dai mariti nei lunghi inverni, ..............accudiscono i nipotini,............. la diga ha portato lavoro, benessere, ............. tutti sono felici.

Su internet, i motociclisti d'ogni dove, si danno appuntamento con “mortali” tam tam lungo i tournichè che, oltrepassato Erto, portano al Passo S.Osvaldo e poi .....giù , a Cimolais e ancora,la Valcellina, il lago di Barcis......giù ........ alla pianura.

Uno ”gnomo” del posto, ha scritto di questi luoghi incantati, di queste montagne dal passato avventuroso dei primi alpinisti venuti dal nord; di antichi mestieri, antiche tradizioni..............
Da ogni parte, giunge il turista che vuole osservare, capire, curiosare, ...............il lago è nuovamente percorribile su entambe le sponde ;è ritornato il vociare dei bambini; le barchette dei pescatori danno la parvenza di........presepe, il paesaggio agreste invita alla vacanza , a dimenticare i problemi, a .......dimenticare..........
Ho guardato vecchie carte,vecchie foto, qualcosa non va, ............non riesco a riconoscere i luoghi, il lago.....è diverso...le frazioni scomparse...i prati , i coltivi... anche le case verso il letto del fiume....
anche oltre la porta immaginaria dietro la diga ,è cambiato .......tutto........e le persone......tutte le vite...

Mi è stato detto: dì un eterno riposo. Allora ho cominciato con il........ mio ricordare.

 

 10/07/2010

Marina

Sai, …..il Luciano ha scritto un altro libro,...

 

anni fa,.... ormai.

No, non e' come l'altro,... ricordi, ….sembrava un po' come se si raccontasse di noi!

Questo, nuovo, parla ancora di lago,..ma, non sono riuscito a continuarne la lettura....


 

Un libro, parla di sentimenti, di luoghi, di persone;.... ti “prende”, ti coinvolge, il racconto sembra sia stato scritto per te,...... la storia, sembra la tua.....

 

Forse non ho “ritrovato” i nostri posti,..... la “puncia”, il “sassone”, le spiagge del “Fiüm de Trig”, i “castelli”. Forse e' perché abbiamo bisogno che qualcuno si ricordi di noi, parli di noi!Forse,.....vogliamo che..... si scriva….. di noi!


 

Il ricordare, e' diventato il mio cruccio; ma, credo, e a te lo posso dire, la mia paura, e'...di dimenticare, o, e questo lo temo di più,.....di esser dimenticato!

Ho cercato un posto , dove parlare di noi , del lago,delle nostre storie ,dove lasciare i ricordi ,le emozioni …..un “deposito” dove, chissà, qualcuno …troverà un po' di me, ….di noi!


 


 

Ti ricordi ,quando la malattia,era ancora lontana, o , dentro di te, già ...sapevi,.......alla televisione,avevano riportato alle nostre orecchie,ai nostri occhi, e,alle nostre refrattarie capacita', o volontà di emozionarci,........ gli attimi di quel lontano 1963.

Poi, tutto ha ripreso i suoi ritmi, ..il lavoro,la famiglia, i bambini,....con te, non ne abbiamo più parlato,....non ricordo....,

Forse l'ignoranza, ….. mia soprattutto, ma era come iniziare un nuovo viaggio ; si ci sono le difficoltà, le delusioni, ma vedi,la ', in fondo, la stazione di arrivo...e da li, dopo il riposo,ancora una nuova ...partenza! Era solo una pausa,;avresti ripreso di nuovo il cammino,con questa grande vittoria,,...per te,...io lo sento...adesso


 

e' anche il mio “grido “,

 

 

 

il messaggio ,......era per chi si sarebbe trovato , un giorno, triste, sulla tua stessa strada , solo momentaneamente interrotta , Mai la disperazione ;sempre la speranza di ricominciare e,poi ,tu e io adesso, non potevamo interrompere le nostre “ricerche”

 

Hai messo in ordine i tuoi scritti di casa,i tuoi appunti di scuola, le foto, a testimoniare il tuo “passaggio”Io,ritrovo ancora la tua scrittura sempre più incerta ,un po' “confusionata”,

 

assomiglia alla mia, ora,

 

.Non l'incertezza del pensiero, delle convinzioni,..

 

solo il timore di non fare in tempo a dire,......a fare a ricordare.

 

 

 

Avrei voluto scrivere di te, su tutto quello che mi hai lasciato....

 

forse è solo l'inizio!

 

 

 

 29/04/2010

Ventinove aprile…

Il cucù, la cincia e il picchio

 

Anche la cincia, è ritornata nella fessura tra le pietre.

Da qualche anno la osservo fare la spola tra il bosco e la cameretta dello zio Giuanin.

Sembra che voglia controllare i miei movimenti; temporeggia su un ramo…poi veloce ”entra nel muro” proprio come nel fantastico muro del binario 9 e ¾ decisa, sicura di non sbagliare.

 

 

Il canto del cucù mi accompagna ogni mattina (quest’anno è ritornato l’otto aprile) lo aspetto con curiosa attenzione; il “suo saluto” risuona nella valle.

Io lo immagino come un solista che ritorna ogni anno all’appuntamento sul palco. Tra il silenzio…il suo squillante suono riecheggia…lo risento poi più in là nel bosco, poi più giù, poi  ancora alle mie spalle nel silenzio di queste mattinate di fine aprile.


Il suo canto ha preso il posto delle vibranti testate del picchio che, meno puntuale delle scorse settimane, continua i suoi appuntamenti sul margine del bosco.

Col suo fare furtivo…sembra che giochi a rimpiattino…che si nasconda…risale sul rovescio dell’albero che osservo. Poi una “risata” e ne individui il volo verso altri misteriosi angoli un po’ morti del bosco.

 

 

Ventisei aprile

Lo zio Giuanin

Quell’odore di chiuso, di stantio, ci accompagna per le vie di Erto…

Le porte chiuse, sprangate, custodiscono il nostro passato, le nostre storie.

Noi che non le conosciamo, o solo in parte, come possiamo farle rivivere?

 

La cameretta dello zio Giuanin, che man mano che gli anni passavano e le forze diminuivano vedeva sempre più diventare grande, il terreno da accudire, lo sfalcio dell’erba, i lavori del bosco; la legna da tagliare per l’inverno che esigeva una certa cura. La fatica era tanta e si diceva che così “ci si scaldava due volte”…

 

Ventidue aprile 

Medeo

Verso sera, quando il sole era ormai sceso, il “ritmato” rumore tornava a dare vita alla casa del “Medeo”.

Un altro vecchio ricordo della mia vita qui in collina ritorna prepotentemente.

La battitura della falce per il fieno. Un’arte non facile che, come tante altre, non ho affinato.

Conservo però questi grossi sassi con un buco per posizionarvi il ferro su cui battere con l’apposito martello.

La cadenza dei colpi è nei miei orecchi ed è uno dei suoni che ho “archiviato”.

 

 

 

 

 

Ventisei marzo

"Un’altra casa si chiude", ha commentato qualcuno. Io subito non ho pensato....
A maggio saranno già trascorsi cinque anni da allora; la casa è ancora abbandonata.
Dal millenovecento, anno di costruzione, non era mai stata "spenta la stufa".

 

Non c’è più papà

che come una sentinella scrutava il suo lago.

…la poltrona di vimini vicino alla finestra non c’è più…è rimasta la macchina “da cucire” lì, vicino all’armadio a muro.

Il quaderno delle ricette di cucina della nonna per tutti questi anni è rimasto nell’altro armadio, quello della sala, il locale “buono”…della festa…dove ho festeggiato la prima comunione, la cresima…dove abbiamo incontrato, nel lontano millenovecentosettanta, alla morte della nonna, i parenti francesi.

 

La sala: il locale della bella stagione

 che, nella brutta, veniva chiuso.

Il tappeto, enorme ai miei occhi allora, veniva arrotolato e  aspettava l’apertura  della casa, le prime visite, i primi lavori al cortile, alle aiuole...

 

A metà scala la lucina “alla madonna” è da sempre accesa.

Anche adesso che la casa è chiusa quella lucina è un segno di presenza, di continuità, che unisce la mia famiglia d’origine- che, un po’  troppo presto, ha interrotto il suo cammino- a quella attuale.

 

Un vaso con i fiori del giardino era il dono per la Madonna…lì con la sua immagine, tra le rose dipinte, la volta celeste e le grosse foglie a grandezza naturale di una Hosta come quella, lì alla fontana della Soprafuoco.

 

Anche i semplici dipinti naif della nonna hanno bisogno di un restauro come i vecchi muri della casa che all’esterno lasciano intravedere i grossi sassi, che il nonno e lo zio E. hanno portato dal lago fin lì.

 

Nel cortile, la grossa Camellia, à ancora la protagonista;

 il cordolo di Convallaria ha perso tanti piccoli tesori che un tempo custodiva.

 La profumata Dafne non c’è più: era il piccolo gioiello di famiglia…

Il Calycanthus, che poi nel tempo, grazie alla passione per la botanica, ho imparato a chiamare Chimonanthus praecox, era il fiore del Natale e con l’Helleborus Niger, il cavallo di battaglia  degli auguri natalizi della nonna.

Arrivavano fino a Zurich tra gli anni trenta e cinquanta!! o forse anche più in là.

 

Pur essendo piccolo, il cortile sembrava enorme.

Le bacche del Viburnum Tinus  con i fiori così particolari perché presenti sugli stessi rami erano mazzetti ideali per i nostri morti su nell’ossario…

 

-continua-

 

 



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